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05 dicembre 2023

Sostenibilità e imprese di trasformazione alimentare

Il tema è stato oggetto di un incontro che si è tenuto a Firenze. Ecco cosa è emerso.

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di Marco Ginanneschi, strategist e trend analyst Finanza Futura

Un convegno sulla sostenibilità organizzato a Firenze, nei giorni scorsi, dall’Accademia dei Georgofili e da Confindustria Toscana e rivolto alle aziende di trasformazione agroalimentare ha anticipato di pochi giorni l’inizio dei lavori di COP28. Purtroppo la Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP), attualmente in corso, non può vantare risultati entusiasmanti. L’anidride carbonica in atmosfera misurata in parti per milione dall’Osservatorio di Mauna Loa Hawaii continua a salire, come mostra inequivocabilmente la “curva di Keeling” (nella foto) aggiornata a ottobre 2023: 418 ppm contro 315 ppm del 1958.

La correlazione tra % di anidride carbonica (un gas serra) in atmosfera e le emissioni di CO2 di origine antropica è evidente. La certezza che a causare il riscaldamento globale è stato l’uomo viene però dalle misure di CO2 ricavate dai carotaggi dei ghiacci in Groenlandia e in Antartide: per gli ultimi 800.000 anni la % di CO2 in atmosfera è rimasta entro una stessa fascia di oscillazione per effetto di cicli naturali, sino alla rivoluzione industriale, quando ha iniziato a impennarsi sino ai livelli attuali (L.M. Krauss, La fisica del Cambiamento Climatico, 2022). Nello stesso periodo di tempo la popolazione umana passava da 1 a 8 miliardi. L’andamento delle due variabili descrive una stessa figura, che è stata avvicinata a quella di una “mazza da hockey” (cfr. M.M. Mann, La nuova guerra del clima, 2021).

Da questa verità scientifica inoppugnabile ha preso avvio anche il convegno fiorentino. Gli Accademici dei Georgofili hanno spiegato bene che di fronte al riscaldamento globale solo due strategie sono possibili: adattamento e mitigazione. Adattamento significa imparare a convivere con il cambiamento climatico e con i fenomeni estremi che esso comporta, a partire dalle ondate di calore e dalle alluvioni. Mitigazione rende invece il senso di possibilità: è possibile, anzi è nostro dovere, ridurre gli effetti delle attività umane, incluse quelli ascrivibili alle imprese di trasformazione agroalimentare.

Processi produttivi “sostenibili” contribuiscono alla soluzione

“Che fare?” Questa è la regina delle domande, cui occorre rispondere senza farsi prendere dal panico e dall’urgenza (abbiamo superato in questi giorni per la prima volta la soglia dei 2° di temperatura sopra la media pre-industriale). Esiste praticamente una sola risposta da mettere in campo: rendere i processi produttivi sostenibili. Secondo una definizione classica (Commissione Brundtland, 1987) lo sviluppo è sostenibile quando “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri” (Matson et al., Imperativo sostenibilità, 2018). Il concetto è tuttora valido, pur essendosi arricchito di diverse sfumature: la sostenibilità oggi si declina in economica, sociale e ambientale. Inoltre, si fa sempre più strada l’idea che debba includere un cambiamento negli stili di vita, e quindi corrispondere a una ridefinizione dei bisogni. L’imperativo della sostenibilità, nelle sue tante possibili declinazioni, ha orientato la politica comunitaria nell’ultimo decennio: nel 2015 l’UE ha condiviso i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite; nel 2020 lo ha messo al centro del Green Deal e della Strategia europea per il cibo 2030, conosciuta come From Farm to Fork.

Cosa è emerso dal convegno fiorentino

Come emerso nel corso del convegno fiorentino rimangono tuttavia diversi elementi di incertezza. Manca “il quadro legislativo per i sistemi alimentari sostenibili” che avrebbe dovuto essere approvato dall’UE già entro il 2023, manca il nuovo Regolamento che sostituirà il 1151/2012 sulle produzioni agroalimentari di qualità, manca ancora la Direttiva del Parlamento Europeo sul greenwashing, per il contrasto alle dichiarazioni ambientali ingannevoli, inclusi i claim di sostenibilità non supportati da processi di certificazione. L’incertezza normativa costituisce un freno agli investimenti delle imprese. In chiaro si registra soltanto l’approvazione della Direttiva Europea 2022/2464 CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), entrata ufficialmente in vigore il 5 gennaio 2023. A partire dal 2025 disciplinerà la Rendicontazione societaria di sostenibilità, rendendola un obbligo per 7.000 imprese italiane: grandi imprese e PMI quotate. Al bilancio tradizionale dovrà essere affiancato un bilancio ESG (Environmental, Sustainability, Governance) in grado di misurare la performance aziendale anche in termini di ricadute sociali, ambientali e di gestione allargata. L’obiettivo sembra quello di pervenire a un rating che consentirà al sistema creditizio di accordare condizioni di maggior favore alle imprese più impegnate sul fronte della sostenibilità.

Nel mentre, si vanno definendo una serie di buone prassi cui sono in corso di affiancamento standard internazionali, europei e nazionali. Il metodo LCA (Life Cycle Assessment) è stato oggetto di un approfondimento particolare a Firenze. Si tratta di una procedura per valutare l’impatto energetico e ambientale di un prodotto “dalla culla alla tomba”, già codificata dalle norme UNI EN ISO 14040 e 14044, e, per la sua valenza scientifica, raccomandata anche dai Regolamenti Europei EMAS (Reg. 1221/2009) ed Ecolabel (Reg. 61/2010). Il problema è che si tratta di calcoli complessi, per i quali sarebbe consigliabile affidarsi ad una collaborazione con l’Università. La messa a punto di un cruscotto di comando per la riduzione delle emissioni/dei carichi energetici si delinea spesso come un vero e proprio progetto di ricerca e sviluppo, che meriterebbe incentivi dedicati e intensità di aiuto commisurate. Spesso però questa tipologia di aiuti è preclusa proprio alle imprese di trasformazione agroalimentare. La partecipazione di Confindustria nazionale al Convegno ha comunque consentito di trasmettere l’istanza a livello governativo. A detta degli esperti presenti, poi, è preferibile evitare facili generalizzazioni o scorciatoie. Cominciano ad essere pubblicati studi che ricostruiscono l’impatto ambientale di migliaia di prodotti alimentari (es. Clark et al., Estimating the environmental impacts of 57,000 food products, PNAS, 2022), ma la loro validità è relativa, non essendo state analizzate le condizioni di partenza e l’ambiente di produzione che influiscono sull’impronta ecologica complessiva di alimenti/ingredienti. La ricerca su questo fronte, ad ogni modo, continua.

L’esperienza delle imprese

Il Convegno di Firenze ha consentito anche di condividere le testimonianze di 3 aziende agroalimentari toscane che si sono già cimentate con la sostenibilità. Carapelli Firenze SpA ha messo a punto un sistema di governance che vede impegnato e valutato tutto il personale nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità aziendali (estesi ai fornitori). F.lli Polli SpA ha prodotto il suo primo Bilancio di Sostenibilità, con un investimento complessivo consistente, finalizzato in particolare alla riduzione del fabbisogno energetico, all’efficientamento dei processi e alla messa a punto di prodotti innovativi, con una nuova serie di condimenti “plant based”. Sfera Agricola Srl si è impegnata nella riduzione dei consumi idrici (80-90%) nella coltivazione di pomodori, insalate ed erbe aromatiche in serre idroponiche che utilizzano prevalentemente acqua piovana recuperata. Nei casi citati – e questa è una buona notizia – colpisce come la sostenibilità da costo possa diventare fattore di competitività: generando risparmi da un lato e fatturato legato all’innovazione, dall’altro. Un esempio da seguire.

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