Uno spiraglio di luce: è quel che rincorre l’industria della filatura italiana riunita alla Fortezza da Basso di Firenze (fino a giovedì 30 gennaio) per il salone Pitti Filati, vetrina delle collezioni di filati per maglieria per la primavera-estate 2026. Dei 114 espositori, italiani e stranieri, 69 sono produttori di filati (gli altri sono aziende di macchine tessili, ricami, finissaggi, software e maglifici) e di questi 29 arrivano dal distretto tessile di Prato, che nel quarto trimestre 2024 ha visto un incremento della produzione di filati (+4,5%) considerato però poco significativo perché calcolato sul quarto trimestre 2023, in cui avvenne la terribile alluvione che ha colpito numerose aziende del distretto. Nel complesso la produzione di filati nel 2024 a Prato segnerà -4,5%, un dato in linea con quello nazionale.
Bene il 2021 e il 2022, male il 2023 e il 2024
L’industria della filatura italiana l’anno scorso ha infatti perso per strada il 6,2% del fatturato, secondo le stime di Confindustria Moda, scendendo a 2,7 miliardi di euro e tornando, di fatto, ai livelli pre-Covid del 2019. Dopo l’impennata del 2021 e del 2022, l’ultimo biennio è stato deludente sia per la filatura laniera (che vale l’83% del fatturato totale), sia per il cotone e il lino. In flessione l’anno scorso anche l’export (-4,1% a 833 milioni), che nei filati ha un peso più contenuto che negli altri comparti moda (poco più del 30%) perché gran parte vengono trasformati in Italia. Come la moda uomo e la moda junior, anche l’industria della filatura nel 2024 migliora il saldo commerciale grazie alla forte discesa dell’import: il risultato torna in nero e segna +36 milioni.
“La crisi è nel segmento lusso”
Tornando agli espositori del distretto di Prato, una delle aziende leader, Lineapiù Italia regina dei filati fantasia, ha chiuso il 2024 con 30 milioni di fatturato, in calo del 16%, ma mantenendo la redditività, e nel 2025 prevede un andamento in linea. “Non mi aspetto un grande anno, la crisi è nel settore lusso”, dice il patron Alessandro Bastagli. Si lascia alle spalle la flessione anche il Lanificio dell’Olivo, che fa capo al fondo Ethical Global Investments: “Nel 2024 siamo scesi da 20,6 milioni a 19 milioni – spiega il ceo Fabio Campana – è stato un anno in cui abbiamo investito alcuni milioni per risollevarci dall’alluvione che ci aveva colpito, abbiamo rifatto gli uffici, la logistica, inserito nuovi macchinari e siamo pronti per la ripresa”.
Ci sono ancora ostacoli sul cammino della ripresa (che si intravede)
Gli ostacoli sul cammino ci sono ancora: “I brand tendono sempre più ad avere una visione ‘time to market’ – spiega Raffaella Pinori, titolare della pratese Pinori Filati – e questo vuol dire ad esempio che, se non fai il pronto moda sulla collezione invernale, nei mesi di settembre, ottobre e novembre non lavori. In questa situazione quando hai bisogno di maestranze specializzate è difficile trovarle per pochi mesi. Non puoi fare programmazione, sei sempre sotto pressione”. L’imprenditore pratese Stefano Borsini sparge fiducia: “Nonostante il momento non brillante, le aspettative sono buone: il successo di Pitti Uomo fa pensare a un risveglio di interesse per prodotti moda di livello elevato.”
Silvia Pieraccini