Come pronosticato, il consiglio d’amministrazione di Mediobanca ha risposto picche all’offerta pubblica di scambio annunciata da Banca Mps. Una bocciatura definita in una riunione di tre ore, che ha visto astenersi sul punto i consiglieri rappresentanti di Delfin e Caltagirone – che da azionisti Mps sono soci di chi ha promosso l’Ops. Il Cda di Piazzetta Cuccia non ha usato troppa diplomazia nella nota finale, definendo “fortemente distruttiva di valore” l’offerta senese, “priva di razionale industriale e finanziario”, oltre che “ostile”, e dunque “contraria agli interessi di Mediobanca”.
Piazzetta Cuccia teme l’emorragia di clienti e banker
“L’attività di investment banking a favore delle grandi e medie aziende richiede indipendenza di giudizio e assenza di conflitti di interesse che non si conciliano con una matrice di banca commerciale”, si legge nella nota di, che prefigura “una immediata perdita della clientela bancaria e finanziaria (Fig) e di parte di quella large corporate” verso “boutique specializzate o banche estere”, perdita accompagnata a sua volta da “perdite di ricavi e clienti” nel wealth management e nell’investment banking “verso banche estere, intermediari non bancari o le due maggiori banche italiane”. A fronte di tale emorragia di clienti, Piazzetta Cuccia prefigura “la perdita delle migliori risorse umane”, mentre dall’altro lato sono escluse “apprezzabili sinergie di costo” per l’assenza di “sovrapposizioni di reti distributive”.
Inoltre, Mediobanca ritiene che l’offerta “sia negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione” di Banca Mps, “che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), mancanza di fabbriche prodotto”. E in prospettiva di prevede per Mps “un calo degli utili – si legge ancora – per la riduzione del margine di interesse ed il progressivo venir meno dei benefici fiscali”.
Siena risponde: “La natura industriale è ovvia”
In risposta alla presa di posizione del Cda di Mediobanca, in serata fonti vicine all’offerta di Mps hanno osservato che “la natura industriale della business combination è talmente ovvia che la stessa Mediobanca ha deciso di includere ormai da tempo nel proprio perimetro lo stesso credito al consumo”, attività “più nelle corde di una banca commerciale”. Peraltro, sostengono le fonti, le attività di investment banking e wealth management contribuiscono solo per il 35% circa agli utili, mentre con il 40% “la parte del leone” la fa Generali, di cui Mediobanca detiene il 13%: una quota che “se epurata porta a un valore di mercato inferiore” a Mps.
Borsa amara sia per Mps che per Mediobanca
Il Cda di Mediobanca mette inoltre l’accento sul calo in Borsa del titolo di Mps dopo l’annuncio dell’Ops, cosa che “rende improbabile il buon esito dell’operazione”. Tuttavia la giornata di contrattazioni del 28 gennaio si è conclusa, per la prima volta da venerdì 24, con un ribasso per entrambi i titoli: Mediobanca accusa un -4,4% (15,78 euro), e Mps un -2,1% (6,21 euro). Dall’annuncio dell’Ops, nata con un premio del 5% offerto, il titolo di Mediobanca è in rialzo del 3,2% mentre Mps ha perso il 10,7%: lo sconto oggi è dunque del 9,5%, con un gap di 1,26 miliardi di euro in termini di capitalizzazione di Borsa.
Leonardo Testai