Dall’assemblea di Farmindustria, che si è svolta oggi 4 luglio a Roma, arriva la conferma dell’importanza che l’industria farmaceutica ha assunto in Toscana, terza regione italiana per numero di occupati nel settore dopo Lombardia e Lazio, con più di 7.900 addetti diretti e 9.400 nell’indotto (stime Farmindustria). Nel 2023 l’export toscano di farmaci ha raggiunto 8,4 miliardi di euro (+40%), mentre gli investimenti in ricerca e sviluppo sono stati 321 milioni di euro. Quindici anni fa, nel 2008, l’export era 853 milioni. Oggi i farmaci rappresentano il 15% delle vendite all’estero della regione (57,5 miliardi l’anno scorso).
Terzo pilastro manifatturiero
La farmaceutica è la sola industria che è cresciuta in modo potente negli ultimi anni nella regione, sia nella lunga fase di crisi post-2008, sia durante la pandemia da Covid. Oggi è diventata il terzo pilastro manifatturiero, accanto alla moda-gioielleria e alla meccanica, con un saldo commerciale di settore (differenza tra export e import) positivo per 2,8 miliardi di euro (era negativo per oltre 5 miliardi nel 2008).
Gli Usa trainano le vendite estere
La crescita è trainata dalle aziende delle province di Firenze (Menarini, Eli Lilly, Molteni) e Siena (Gsk), che assorbono rispettivamente il 51% e il 35% dell’export farmaceutico regionale, ma player operano anche a Livorno, Prato, Pisa, Lucca. Il mercato di sbocco di gran lunga più brillante è quello statunitense (assorbe il 44% dell’export), seguito da Francia, Germania, Polonia e Belgio. C’è poi un altro fattore che pone la farmaceutica tra i settori strategici, ed è la dimensione media delle aziende, decisamente superiore a quella tipica della regione: tre addetti su quattro sono occupati in realtà con più di 250 dipendenti. Ed è proprio questa maggior solidità e robustezza delle aziende – un mix di realtà familiari e di multinazionali estere – che può spiegare la crescita così forte vissuta dal settore.
I record italiani
A livello italiano nel 2023 la produzione farmaceutica ha continuato a crescere, raggiungendo un valore di 52 miliardi di euro (+6% rispetto al 2022), mentre l’export è arrivato a 49,1 miliardi di euro (+3%), dato che piazza l’Italia al sesto posto nel mondo con un peso del 6% sul mercato globale. “La nostra industria si conferma un settore hi-tech strategico per la nazione, nonostante le difficoltà causate dall’aumento dei costi del 30% rispetto al 2021”, ha affermato il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani.
Le fonti di preoccupazione
Le 284 imprese del settore farmaceutico hanno un peso rilevante anche nell’occupazione: impiegano 70mila persone direttamente, cui si aggiungono 236mila nell’indotto. Gli investimenti nel 2023 sono stati 3,6 miliardi (+9%), due dei quali in ricerca & sviluppo. Se questi sono i dati positivi, la fonte di preoccupazione è data dal payback (il sistema che obbliga l’industria farmaceutica a rimborsare una quota delle spesa del servizio sanitario per farmaci eccedente i tetti fissati dalla normativa). “Questo meccanismo distorto, che quest’anno arriva a circa due miliardi di euro, comincia ad avere delle ripercussioni sulle aziende in termini di scelte difficili sull’occupazione”, ha detto Cattani chiedendone l’abolizione. Altro nodo cruciale è quello dei tempi di immissione dei nuovi farmaci, che in Italia arrivano a 14 mesi contro i due mesi della Germania.
Silvia Pieraccini