una macchina continua per la produzione di carta tissue dell'azienda A.Celli
Nel 2021 i produttori di macchine e impianti per carta igienica, fazzoletti e tovaglioli (il cosiddetto tissue), riuniti nella rete d’imprese Tissue Italy, decisero di rinviare la rassegna che ogni tre anni apre le porte delle loro fabbriche ai clienti internazionali, invitati a Lucca per toccare con mano le innovazioni tecnologiche considerate all’avanguardia nel mondo.
Quest’anno la rassegna, battezzata ‘It’s Tissue’, si è tenuta (è in corso fino al 10 giugno) nonostante la consapevolezza che i compratori cinesi e russi non sarebbero arrivati, per evidenti motivi legati alla chiusura del Paese asiatico per Covid, da una parte, e alla guerra dall’altra. Al netto di queste assenze previste, le aziende delle rete – A.Celli, E80, Futura, Gambini, Koerber, Ima-Tmc, Omet, Pcmc, Pulsar, Recard e Toscotec – si dicono soddisfatte: “Abbiamo visto clienti dall’Europa, dagli Stati Uniti, dal Medio Oriente, dall’Africa e qualcuno anche dal Sudest asiatico”, dicono in coro, anche se i numeri sono inferiori rispetto al passato (soprattutto per l’assenza di cinesi e russi). I Paesi di provenienza sono una settantina.
Nel 2021 le macchine per l’industria cartaria hanno ripreso a marciare
Ora la speranza è che le innovazioni tecnologiche presentate – che guardano soprattutto all’efficienza produttiva, al risparmio energetico e in generale alla sostenibilità ambientale – spingano gli investimenti dei produttori di tissue, “congelati” in questa fase dall’impennata dei costi energetici, dall’aumento del prezzo della cellulosa e dalle incertezze che semina la guerra in Ucraina.
Nel 2021 la produzione di macchine per l’industria cartaria del distretto lucchese (88 aziende e più di 2.600 addetti), capitale italiana del settore e leader a livello internazionale, ha ripreso a marciare dopo due anni di rallentamento aggravato dalla pandemia. La crescita produttiva stimata da Confindustria Toscana nord è del 12%, mentre il fatturato ha raggiunto i 933 milioni di euro per oltre il 65% all’export (pari a 625 milioni, +15%). I principali mercati sono stati l’Europa (52%), l’America (27%) e l’Asia (13%), ma la chiusura dei confini cinesi ha creato – e sta continuando a creare – non pochi problemi al settore, imponendo nuove modalità di vendita e stimolando soluzioni tecnologiche da remoto per far fronte all’impossibilità di spostamenti per montaggi e manutenzioni. Anche la guerra in Ucraina e le sanzioni russe hanno complicato lo scenario (la Russia vale il 3% dell’export), ridimensionando le prospettive di crescita che restano comunque positive: +6,3% la produzione stimata nel primo trimestre 2022.
“Gli investimenti dei produttori di tissue in questo momento sono in standby – spiega Mauro Celli patron della A.Celli, 70 milioni di valore della produzione 2022 – a causa dell’impennata dei costi energetici, dell’incremento del prezzo della cellulosa e dello scenario di guerra che semina incertezza Ma il settore ha le carte per continuare ad avere la leadership”. A proposito di guerra, Celli due giorni fa ha ospitato nello stabilimento lucchese l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, a seguito della vendita di una macchina per tissue a un’azienda ucraina che presto comincerà le operazioni di trasporto in una città non interessata dai bombardamenti.
Guerra e aumento dei costi energetici frenano gli investimenti
Accanto alla guerra, le preoccupazioni arrivano dalle filiera dei piccoli fornitori. “Le criticità sulla componentistica, soprattutto elettronica, sono senza precedenti – spiega Fabio Boschi, amministratore delegato di Faper Group che controlla l’azienda meccanica Futura – e obbligano a riprogrammare i cicli produttivi e a lavorare sugli approvvigionamenti. Ma le piccole aziende non hanno la liquidità per investire sul magazzino: servirebbe un supporto finanziario, altrimenti il rischio è di vedere presto realtà in sofferenza”.
Futura, che fa capo all’imprenditore Fabio Perini, sta investendo sull’integrazione tra converting e packaging e quest’anno realizzerà un valore della produzione di circa 60 milioni, in flessione di circa il 10% sul 2021: “Ma le prospettive del settore restano positive – conclude Boschi – soprattutto se continueremo ad anticipare i cambiamenti, adeguandoci a una realtà del lavoro che è in evoluzione: serve maggior sicurezza, più digitalizzazione e meno meccanica”.
Silvia Pieraccini