Sarà un conto energetico pesante quello che le imprese del distretto tessile pratese (2.500 produttori di tessuti e filati di dimensioni medio-piccole, che per due terzi fanno largo uso di macchinari, con 18.500 addetti e 3,9 miliardi di fatturato 2021) si troveranno a pagare nel 2022: 400 milioni in più del 2019 (cioè dell’anno pre-Covid) è la stima elaborata dall’ufficio studi di Confindustria Toscana nord. Una cifra ancora più allarmante se messa in relazione al valore aggiunto del distretto tessile, pari a 910 milioni di euro.
I risultati pre-Covid si allontanano
Il 2019 è l’anno al quale, per livelli di fatturato e di attività, il distretto tessile pratese quest’anno si sta(va) avvicinando. Ora quel traguardo rischia di allontanarsi sia per gli aumenti energetici – destinati a ridurre e in qualche caso annullare i margini aziendali – sia per il rallentamento di mercato in atto, dopo il primo semestre che aveva fatto ben sperare. “Siamo stretti in una tenaglia”, ammonisce sul Sole 24 Ore-Centro Maurizio Sarti, presidente della sezione Sistema Moda di Confindustria Toscana nord (Prato, Pistoia, Lucca).
Il prezzo del gas aumentato di sette volte
I conti sono implacabili: una filatura di medie dimensioni (alimentata a energia elettrica), che prima degli aumenti pagava circa 15mila euro al mese per la componente energia e altrettanti per trasporto e per oneri di sistema, oggi paga 90mila euro di energia più 3.000 euro di trasporto; una rifinizione di medie dimensioni (alimentata a gas), che prima degli aumenti pagava 20mila euro al mese più 8-10mila di distribuzione-trasporto-oneri di sistema, oggi paga 200mila euro al mese più sei-ottomila di distribuzione-trasporto-oneri di sistema.
Il rischio di perdere quote di mercato
“Da un lato abbiamo gli aggravi dei costi – spiega Sarti – che partono dalle lavorazioni conto terzi e si abbattono anche sulle aziende di tessuti e filati che vendono sul mercato; dall’altro lato dobbiamo continuare a essere competitivi, visto il forte rischio di perdere quote di mercato rispetto a Paesi nei quali la crisi energetica ha effetti molto più limitati dell’Italia”. Per questo a Prato nessuna impresa ha ancora ipotizzato di spegnere le macchine: “Ma le conseguenze di questa situazione rischiano di essere rovinose – conclude Sarti -. La filiera pratese si è dimostrata solidale e consapevole di tutte le implicazioni di questa crisi, ma ora i decisori pubblici devono affrontare e risolvere il problema energia”.
Silvia Pieraccini