Tra le fiere fiorentine della moda, il Pitti Bimbo è quella più piccola e più bisognosa di “cure”, visto che si muove in un mercato in difficoltà da anni, sia per il calo progressivo di nuovi nati che per il dominio delle catene distributive come Zara e H&M, che ormai assorbono il 48% delle vendite di moda junior in Italia (la grande distribuzione organizzata vale il 30%, il dettaglio indipendente è ridotto al 12%, l’online è poco sopra il 6%).
L’edizione numero 100 porta in scena quattro novità
In questo scenario l’edizione numero 100 di Pitti Bimbo, in corso alla Fortezza da Basso di Firenze, ha provato a mescolare le carte per attirare espositori (sono 170 per il 65% in arrivo dall’estero) e compratori, e continuare ad essere un punto di riferimento internazionale per il settore. Le novità sono gli stand preallestiti, e dunque meno costosi per le aziende; un nuovo percorso espositivo simile a una città colorata, con un viale ad anello sul quale si affacciano gli spazi dei brand e quattro piazze dedicate alle tendenze; un’offerta composta non solo da abiti e accessori, ma anche da lifestyle, beauty e food; una durata più contenuta del salone (due soli giorni e non più tre, chiude il 23 gennaio) e accesso riservato agli operatori ma gratuito, senza biglietto da pagare.
Pitti Immagine ha investito per stare accanto alle aziende
Nel primo giorno di apertura i visitatori sembrano aver risposto positivamente, anche se resta la prudenza negli acquisti da parte dei negozi, che riflette la prudenza dei consumatori. Pitti Immagine, organizzatore della fiera, spera nel rilancio: “Abbiamo riprogettato il salone con un format più snello, veloce, meno oneroso per i partecipanti – dice l’amministratore delegato Raffaello Napoleone – abbiamo deciso di investire per stare al fianco delle aziende che stanno attraversando un momento di grande trasformazione”. Le sfilate che un tempo arricchivano il salone non ci sono più, così come gli eventi, ma la speranza è che Pitti Bimbo riparta da un’offerta più attrattiva, più diversificata, più adatta ai negozi. La Toscana si presenta con le sue due aziende di moda junior più grandi e rappresentative, entrambe di Arezzo: Monnalisa della famiglia Iacomoni e unica quotata in Borsa del settore, che partecipa come ospite d’onore portando solo un assaggio delle collezioni, indossate da bambine di vari Paesi che faranno un diario digitale della loro esperienza; e Miniconf della famiglia Basagni (marchi Sarabanda e iDo e licenze Ducati e Roy Roger’s) che punta ad ampliare ancora le licenze.
Nel 2024 il fatturato della moda junior è tornato sotto i livelli pre-Covid
Il 2024 è stata un anno deludente: l’industria italiana della moda junior (0-14 anni) ha chiuso con un fatturato di 3,067 miliardi di euro, in calo del 4,4% sul 2023, che l’ha riportata sotto il livello pre-Covid del 2019. L’export si è fermato a 1.521 milioni (-0,7%) con un peso che sfiora il 50%. L’unico dato positivo è il miglioramento del saldo commerciale, che scende a – 955 milioni grazie alla contrazione dell’import (-6,8% a 2.476 milioni), segnale della sofferenza del mercato. I consumi finali delle famiglie italiane infatti dimagriscono (-1,5%), anche perché i figli sono sempre meno: la contrazione nei primi nove mesi 2024 in Italia è di 6.827 bambini.
Silvia Pieraccini