Le piscine delle Terme di Chianciano
Sono 22 gli stabilimenti termali in Toscana, il 7,4% dell’intero comparto nazionale (229), con un fatturato diretto annuo di quasi 123 milioni di euro (122.793.000), ovvero l’11,3% del dato generale di oltre un miliardo (1.092.913.000) e un numero di dipendenti che ammonta a 1.338 (l’11,2% del totale). Numeri che confermano un ruolo da protagonista assoluto della nostra regione, seconda per numeri soltanto all’Emilia Romagna, asse portante di quella dorsale del termalismo italiano che si sviluppa, appunto, dalla Lombardia al Veneto all’Emilia Romagna alla Toscana fino al Lazio.
L’attrattiva: qualità e quantità di strutture ricettive
I motivi sono da ricercare nella qualità e quantità di strutture e nell’offerta infinita che può proporre agli utenti, al di là della sola impiantistica termale. Come conferma a T24 il direttore generale di Federterme, Aurelio Crudeli: “Il termalismo vive della qualità delle acque, dei servizi alla salute, del benessere oltre a quello che offre il territorio. La Toscana è una realtà molto ricca, sia per strutture sia per tipologia di acque termali ma poi è una regione molto attrattiva, con un’offerta straordinaria, che va dalla cultura all’arte all’enogastronomia a molto altro ancora”.
Mediamente le società che gestiscono questi centri sono aziende strutturate: “In Toscana non si hanno realtà particolarmente piccole, di capitalismo familiare, e ci sono anzi casi di società di dimensioni più consistenti che gestiscono più centri: è il caso di quelli di Saturnia e Chianciano e di quelli di San Casciano dei Bagni e di Grotta Giusti, a Monsummano Terme – spiega ancora il direttore di Federterme -. C’è una forte dinamicità di assetti proprietari anche se le dimensioni in genere rispecchiano quelle della media nazionale. I gruppi grossi spingono i flussi anche dei piccoli. Il problema – aggiunge Crudeli – è casomai quando i grandi entrano in crisi, com’è accaduto in Sicilia. In quel caso la chiusura delle terme di Acireale e Sciacca ha mandato in crisi l’intero sistema”.
Crescita del comparto dal periodo post Covid
Quando si pensa alle terme si pensa spesso al relax, alla cura del corpo associata a pratiche rigeneranti. Ma le acque termali hanno sempre avuto e continuano ad avere anche una funzione puramente curativa e possono essere utilizzate usufruendo del sistema sanitario nazionale, a seconda delle patologie da trattare. Il dato toscano più recente ci dice che il fatturato di cure convenzionate con il SSN e pagamenti per cure termali nel 2023 ammontava a 200 milioni circa, intorno al 5% del comparto nel suo insieme. Il direttore Crudeli spiega una percentuale un po’ più bassa delle altre soprattutto con la crisi di alcune località che facevano della cura con le acque termali la loro principale ragion d’essere: “Realtà che registravano numeri importanti nei trattamenti in convenzione, oggi non sono più in grado di rispondere a quelle richieste”, argomenta Crudeli. Comunque, anche su questo versante ci sono margini di crescita: “Sui protocolli per la riabilitazione non siamo fermi, questa è una realtà che va resa più dinamica; molte cose sono state fatte ma tante devono ancora essere realizzate per immaginare processi di sviluppo”, sottolinea ancora il direttore di Federterme Confindustria. E non a caso proprio il periodo post Covid segna un incremento generale del comparto termale.
“Negli anni 2022 e 2023 abbiamo registrato un vera ripartenza dopo la pandemia, dovuta probabilmente a un mix di fattori – conclude Crudeli -: la riabilitazione post covid e in generale la voglia nuova e diversa di prendersi cura di sé, del proprio corpo e della propria salute, dopo un periodo drammatico”. Questo elemento, quindi, potrebbe aver contribuito ad alimentare la frequenza delle strutture termali, non solo con pernottamenti di più giorni ma anche con un pendolarismo giornaliero di chi ha bisogno di cure e sceglie la struttura più vicina. Perché le terme sono proprio questo, un mix di risposte diverse a esigenze diverse.
Paolo Vannini