Un blitz a Roma per cercare di giocare d’anticipo sui tempi della vertenza Beko: il sindaco di Siena, Nicoletta Fabio, accompagnata dal vicesindaco Michele Capitani, ha incontrato a Palazzo Piacentini il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, con la sottosegretaria Fausta Bergamotto, in vista del tavolo nazionale convocato presso il Mimit per giovedì 30 gennaio. Un incontro che, secondo quanto ha comunicato il Ministero, ha affrontato il tema del canone d’affitto applicato dalla società proprietaria dello stabilimento di viale Toselli, “giudicato non conforme e molto al di sopra dei valori medi di mercato”.
Questo, secondo Comune e Mimit, rappresenta “un ostacolo cruciale che rappresenta un serio impedimento alla definizione di una soluzione sostenibile per il futuro del sito. A fronte di tale scenario, Urso e Fabio hanno condiviso la necessità di affrontare questa problematica con urgenza, esprimendo piena disponibilità a collaborare da subito, con tutti gli attori coinvolti, per individuare soluzioni concrete che garantiscano la sostenibilità economica dello stabilimento, prerequisito indispensabile per avviare qualsiasi percorso di rilancio industriale”.
Lo stabilimento è di Sansedoni, e costa 1,4 milioni all’anno
Qual è il significato dell’incontro a Roma, e della presa di posizione congiunta? Lo stabilimento di Siena è l’unico, fra quelli toccati dal piano per l’Italia della multinazionale, a non essere di proprietà di Beko: ceduto nel 2008 dalla precedente proprietà (Whirlpool) all’immobiliare Sansedoni, il suo contratto d’affitto – con un canone annuo di 1,4 milioni di euro – scade nel 2026, proprio quando Beko conta di aver già abbandonato Siena. Ma se Sansedoni nel 2008 era saldamente inscritta nella galassia del Monte dei Paschi, con la Fondazione Mps che ne deteneva la quota di maggioranza, dopo una faticosa procedura di concordato è oggi controllata da Arrow Global, asset manager britannico specializzato in crediti, direct lending e real estate, a sua volta controllato dal private equity inglese Tdr Capital.
Un canone così oneroso può rappresentare un disincentivo non solo per Beko Europe, ma anche per soggetti eventualmente interessati a subentrarle in un processo di reindustrializzazione della fabbrica di viale Toselli – la cui situazione, nella valutazione effettuata dalla multinazionale turca, presentava le criticità maggiori. Non a caso Fabio, già commentando la presentazione del piano di Beko con la dismissione di Siena, aveva auspicato “un processo di reindustrializzazione, teso a riassorbire la totalità del personale”. L’addio di Beko infatti rappresenta una bomba sociale per il territorio senese, dove non si vedono altre presenze industriali capaci di riassorbire la forza lavoro – 299 addetti – della fabbrica dei congelatori.
Critiche dalla Fiom: “Tempistica inopportuna”
La fuga in avanti del sindaco, tuttavia, non è piaciuta a chi ritiene che la Beko di Siena debba essere tenuta dentro il quadro della vertenza nazionale. “Che ci siano criticità legate allo stabile lo diciamo da sempre, ma credo che la tempistica sia stata inopportuna”, osserva Daniela Miniero, segretaria generale della Fiom-Cgil di Siena, secondo cui “cercare soluzioni legate al sito col ministro credo che di fatto possa anticipare un tempo in cui si agevola l’uscita di Siena da quel tavolo. Noi invece abbiamo come obiettivo mantenerla a quel tavolo, perché finché ci resta non ci sono né chiusure né esuberi”.