Dopo gli anni del Covid, del temporary framework, e del Fondo centrale di garanzia “pigliatutto”, i consorzi fidi vedono tornare a crescere la loro tradizionale attività di garanzia per i finanziamenti alle Pmi: l’incremento dello stock di garanzie prestate nel 2024 dai confidi, a livello nazionale, viene stimato in un +15% circa rispetto al 2023, secondo quanto emerso nel corso della prima giornata di Confires 2025, il convegno nazionale dei confidi promosso a Firenze da Res Società Benefit, con il patrocinio dell’Università e della Camera di commercio di Firenze. Un’occasione per fare il punto sulle sfide del settore, fra l’impegno per la sostenibilità e l’impatto delle nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.
“Il confidi sta un po’ recuperando terreno, perché sul lato liquidità la copertura del Fondo centrale di garanzia verso le banche si è ridotta al 50%, mentre invece con il confidi può arrivare all’80%, mentre sul lato investimento è sempre all’80%”, osserva Lorenzo Gai, ordinario in Economia degli Intermediari Finanziari all’Universita di Firenze. “Il confidi manifesta segnali di una tendenza al recupero che dovrebbe continuare – aggiunge – perché uno dei temi di cui si discuterà è l’ulteriore décalage, l’ulteriore riduzione delle percentuali sempre lato liquidità anche per il 2026, perché il Mef tende sempre a ridurre un po’ la somma che vuole mettere su questa partita”.
Il governo abbassa la copertura del Fondo centrale
Dopo il periodo del temporary framework c’era bisogno di rivedere la disciplina del Fondo centrale di garanzia, ha fatto notare il sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, intervenuto nella prima giornata di Confires 2025, “perché durante il periodo del Covid le garanzie sono arrivate anche al 90%, il 100% per le microimprese, e quindi i confidi non hanno trovato adeguati spazi per offrire le loro controgaranzie. Per questo noi abbiamo cercato comunque di rivedere le percentuali di liquidità, mantenendo comunque fisse e elevate all’80% quelle sugli investimenti, sulle startup, l’imprenditoria giovanile e femminile: ma il 50% dà la possibilità ai confidi di offrire finalmente anche le loro garanzie, e al mondo bancario di accettarle, perché poi il problema era un po’ quello, erano le stesse banche che non volevano le garanzie”.
L’indirizzo seguito dal governo in questa fase conferisce anche una nuova centralità al ruolo delle Regioni, affinché aprano le sezioni speciali del Fondo centrale di garanzia, per “operare in collaborazione con i confidi e con le banche – ha sottolineato Bitonci – anche per poter fare la garanzia tripartita, e quindi la possibilità di utilizzare anche il mondo dei confidi anche per quanto riguarda settori specifici, e le reti di impresa che spingono le Regioni”. Secondo il sottosegretario ci si può attendere una evoluzione anche per le attività collaterali dei confidi, che possono arrivare ora fino al 49% del totale: “Penso di sì – ha detto -, è logico che ci sono delle richieste, e non tutti i confidi fanno le stesse. Però penso che per quanto riguarda non solamente i servizi, ma anche l’erogazione di un microcredito, anche se poi la parola non è proprio corretta, ci siano gli spazi perché ci sia per gli associati la possibilità anche di fare erogazioni di finanziamenti, oltre alle garanzie”.
Il rischio creditizio è ancora basso
“Il mondo sta cambiando a una velocità vertiginosa, e anche i confidi lo devono fare con la riforma”, ha spiegato Gianluca Puccinelli, presidente di Res. “Le grandi banche tendono a finanziare le grandi imprese – sostiene -, e non le Mpmi, soprattutto le microimprese. I confidi invece stanno sviluppando una politica in primis di consulenza verso il mondo delle piccole e medie imprese, per poi dare successivamente una garanzia. Fino a pochi anni fa il Confidi poteva fare solo garanzie, mentre invece oggi fino al 49% del fatturato può fare attività connesse, attività diverse, quindi anche credito diretto; e tantissimi fanno credito diretto, magari con il sostegno anche del sistema bancario, di banche specializzate in questo modello”.
D’altro canto, il rischio creditizio non sta crescendo come pure era atteso. “Per la rischiosità su base annua c’è una leggera crescita, una traiettoria verso l’alto – osserva Simone Capecchi (Crif) -, però stiamo parlando di valori bassi, perché siamo a un 2,9% di tasso di default. E’ un valore basso se lo si confronta con una media europea o a periodi un pochino più oscuri: la lampadina incomincia a diventare arancione intorno al 4%, 4,5%. Quindi siamo messi bene, se poi si va sulle famiglie i mutui sono allo 0,9% di tasso di default: il nostro è un paese che sia a livello famiglie che a livello imprese non sta rischiando sul fronte in merito creditizio”.
La voce delle imprese: confidi vuol dire fiducia
“Le imprese cercano qualcuno che le possa aiutare e di cui fidarsi”, ha affermato Giacomo Cioni, vicepresidente della Camera di commercio di Firenze, in quota Cna. “E’ facile fidarsi dei confidi per un imprenditore – ha detto -, perché hanno l’abitudine di parlare lo stesso linguaggio, l’abitudine di trattare gli stessi argomenti, hanno anche lo stesso aspetto dimensionale, e qui ritorno alla nostra dimensione di piccole e piccolissime imprese nella maggior parte dei nostri tessuti produttivi. C’è la relazione che aiuta una piccola impresa a raccontare cose che dai bilanci che depositano chiaramente non possono essere dedotte”.
E dei confidi ci si fida, secondo Cioni, “perché nel momento in cui sembrava quasi non servissero più, aprile 2020, una settimana dopo si è capito che senza di loro le banche non erano capaci di accedere al fondo, e la velocità con cui sono state smarcate alcune operazioni la si deve proprio alle professionalità interne ai confini. E poi la capacità di trovare nei confini anche delle promozioni, degli strumenti nuovi. L’imprenditore vede difficoltà a capire fin dove arriva il costo del credito che lui chiede, perché se c’è di mezzo un interlocutore, se c’è di mezzo un partner, si ha la preoccupazione della sommatoria di costi, e di questo un imprenditore se ne accorge. Ed ecco la relazione col sistema delle Regioni, con i plafond che mettono a disposizione per aiutare le imprese: che il gioco di squadra diventa importantissimo. La Toscana dovrebbe prendere anche spunto da come l’Emilia Romagna ha gestito la relazione con i suoi confidi”.