La realtà dei laureati e delle laureate nelle discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics) in Toscana è più variegata di quanto non si creda, ed è in crescita, con riflessi sul mondo del lavoro: nel 2020 le università toscane hanno formato 5.500 laureati Stem, con una crescita rilevante sia del loro numero assoluto rispetto a 10 anni prima, sia della componente femminile, anche se però le laureate Stem, nel mondo del lavoro, hanno contratti più precari e sono meno impiegate nella manifattura. E’ quanto rileva uno studio dell’Irpet, su dati non recentissimi ma comunque indicativi di una tendenza di lungo periodo: in valori assoluti, le laureate Stem sono passate dalle 754 del 2008 alle 2.378 del 2019, mentre i laureati Stem da 1.414 a 3.245.
Con la laurea Stem, al lavoro più velocemente
Nel confronto tra Stem e non Stem ambosessi, un dato interessante secondo le ricercatrici Irpet riguarda la più immediata spendibilità del titolo Stem sul mercato del lavoro per l’ottenimento di un contratto di lavoro dipendente. Mentre infatti con lo scorrere dei mesi i due gruppi di lauree tendono ad allinearsi negli esiti, è nei primi sei mesi dal titolo fino a un anno di distanza che si esprime il vantaggio comparativo degli Stem: il 32% di questi laureati contro il 27% degli altri trova un primo contratto entro sei mesi, mentre il 45% (contro il 41%) entro il primo anno. Tra gli Stem è leggermente più alta la quota di chi prosegue gli studi in Toscana, mentre il 21% dei laureati non è più rintracciabile né nel mercato del lavoro dipendente italiano, né nelle università toscane dopo la laurea ottenuta.
Trovano più velocemente un primo contratto di lavoro i laureati in Informatica e tecnologie Ict e gli ingegneri industriali e dell’informazione, che però proporzionalmente sono in numero minore. Col passare dei mesi le quote si riallineano, senza mai colmare i divari. Il primo contratto è a tempo indeterminato per il 21% dei laureati Stem, rispetto al 18% dei non Stem, ma questa percentuale sale al 28% per i corsi di Ingegneria industriale e dell’informazione, e al 38% per quelli di Informatica e Tecnologie Ict. Per Architettura e Ingegneria civile e per il gruppo scientifico si scende, invece, al di sotto della quota dei laureati non Stem.
L’industria cerca gli Stem
Considerando tutti i laureati in Toscana con età inferiore a 30 anni, la netta maggioranza venga assorbita dal settore terziario. Tuttavia per gli Stem questa quota appare più ridotta (69% contro 89%), in ragione della maggiore capacità di assorbimento della manifattura. Mentre infatti soltanto un 9,2% dei laureati non Stem lavora nel settore manifatturiero, la quota degli Stem sale al 25,6%, concentrata, tra le specializzazioni produttive della Toscana, soprattutto nell’industria meccanica e chimico-farmaceutica. Mediamente nella manifattura i contratti a tempo indeterminato risultano più numerosi rispetto al terziario, fatta eccezione per il settore dell’Ict in cui ricade il 10,8% degli Stem, il 79% dei quali ha un contratto a tempo indeterminato.
Nei settori pubblici toscani della Pubblica ammistrazione, della sanità e dell’istruzione, la presenza di laureati Stem ha una distribuzione paragonabile a quella dei non Stem, seppure con minori quote di contratti a tempo indeterminato. Infine, i laureati Stem nelle università toscane con un contratto di lavoro nel resto d’Italia corrispondono a circa il 40% del totale, 2 punti percentuali in più rispetto ai non Stem. Risultano più presenti nei servizi e in particolare in imprese Ict delle principali città del centro-nord, su tutte Milano, dove queste attività economiche trovano la massima concentrazione. Si osserva, inoltre, una percentuale mediamente più alta di Stem con un contratto a tempo indeterminato, dato che probabilmente incentiva l’eventuale trasferimento fuori regione.
Disparità nel lavoro: più precarie le laureate Stem
Guardando alla componente femminile, dalla distribuzione della domanda di lavoro emerge che il 75% delle laureate Stem trova impiego nel settore terziario, con una concentrazione elevata nell’istruzione (18%) e nella pubblica amministrazione (6%), mentre solo il 20% lavora nella manifattura rispetto al 30% dei colleghi maschi. In quest’ultimo, settori ad alta innovazione come la metalmeccanica assorbono appena il 4% delle laureate Stem, contro il 13% dei laureati maschi. La disparità si riflette anche nei contratti: le donne Stem hanno una percentuale di contratti a tempo indeterminato inferiore rispetto agli uomini, soprattutto nei settori manifatturieri.
“Queste dinamiche – affermano le ricercatrici Irpet – suggeriscono che il problema non risiede esclusivamente nelle scelte formative, ma in fattori strutturali del mercato del lavoro, come barriere culturali, stereotipi di genere e una scarsa presenza di politiche aziendali inclusive. Per affrontare queste sfide, è necessario rafforzare le politiche di inclusione lavorativa, promuovere la diversità e incentivare le imprese a modificare gli assetti organizzativi per valorizzare il talento femminile nei settori Stem. Solo così sarà possibile sfruttare appieno il potenziale dei laureati e delle laureate Stem, contribuendo a una crescita economica più equa e sostenibile”.
Leonardo Testai