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11 ottobre 2024

Prato prova a reagire allo sfruttamento (storico) dei lavoratori nelle aziende cinesi

Dopo l’aggressione ai pachistani in sciopero, dura presa di posizione di Confindustria Toscana Nord che chiede controlli e sanzioni.

Silvia Pieraccini

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Cinesi al lavoro in una ditta di confezioni a Prato

Cinesi al lavoro in una ditta di confezioni a Prato

Per 30 anni centinaia di ditte cinesi di abbigliamento low cost di Prato hanno utilizzato manodopera cinese, sfruttata per 12-14 ore al giorno, sette giorni su sette, assunta (nella migliore delle ipotesi) con un contratto part time per pagare meno contributi. Poi, due-tre anni fa, le ditte cinesi hanno cominciato ad assumere pachistani, bengalesi e indiani, pagandoli ancora meno dei connazionali, e la musica della sottomissione è, in parte, cambiata. I “nuovi” immigrati hanno cominciato a fare scioperi e presidi, supportati dal sindacato autonomo Sudd Cobas, per ottenere quei diritti – lavoro di otto ore al giorno, riposo settimanale, contratto a tempo pieno – che sembravano scontati nella città industriale per eccellenza, cresciuta sul tessile e poi disorentata dall’invasione orientale. Ma i cinesi non hanno gradito.

Un corteo di protesta alle 4.30 di notte nel centro storico di Prato

Nella notte tra martedì e mercoledì scorsi un commando di cinque persone armate di spranghe ha aggredito un gruppetto di lavoratori pachistani che, insieme col coordinatore del Sudd Cobas, stava facendo un presidio di protesta di fronte a una ditta cinese di abbigliamento a Seano (Carmignano), in provincia di Prato. Quattro manifestanti sono finiti all’ospedale con ferite alle gambe e alle braccia, ma non hanno ceduto alla paura: hanno chiamato a raccolta altri lavoratori e alle quattro e mezza di notte, a poche ore dall’aggressione subìta, una cinquantina di pachistani ha sfilato per le strade del centro storico urlando “Prato devi svegliarti”.

Una ‘manifestazione antimafia’ indetta dai Cobas

Le indagini della magistratura ipotizzano che il commando, formato da italiani, sia stato assoldato dagli imprenditori cinesi che non accettano proteste e ribellioni sul terreno dei diritti dei lavoratori. Sudd Cobas ha indetto per domenica prossima, 13 ottobre, una ‘manifestazione antimafia’ che sfilerà a Seano in mezzo alle fabbriche cinesi, accusando Cgil, Cisl, Uil di non essersi battuti in questi anni per i diritti di lavoratori “invisibili”. Le Diocesi di Prato e Pistoia hanno scritto: “I fatti di Seano sono gravi e preoccupanti, non si può girare la testa”. Istituzioni, sindacati, associazioni, che per tanti anni hanno fatto poco per combattere l’illegalità cinese, hanno annunciato la partecipazione alla manifestazione.

Gli industriali: “Controlli e sanzioni, fino alla chiusura delle attività”

Oggi, 11 ottobre, è arrivata la condanna dell’aggressione da parte di Confindustria Toscana Nord che, esprimendo amarezza e preoccupazione, sottolinea: “Nessuna sorpresa, è il frutto avvelenato di decenni di noncuranza, o di insufficiente attenzione, verso realtà aziendali notoriamente per lo più irregolari. O si sanano queste sacche di illegalità o gli episodi vergognosi sono destinati a ripetersi”. Per gli industriali la strada da percorrere è “ovvia”: “Controlli e sanzioni, fino alla chiusura delle attività nelle situazioni più gravi: non c’è molto da inventarsi”, sottolineano segnalando anche il danno d’immagine che ora “colpisce un’intera città e le imprese che lavorano nella legalità”.

Gli artigiani: “Episodi particolari e eccezionali”

Decisamente meno duro è il comunicato firmato dagli artigiani di Cna e Confartigianato, che parlano di episodi da condannare “ma collocati in un contesto di particolarità e eccezionalità” e invitano a non generalizzare: “Il distretto tessile pratese non è una mela marcia”, scrivono avallando l’idea che i cinesi siano parte del distretto tessile e possano ferirlo. In realtà i cinesi a Prato hanno creato un distretto nuovo, attivo nella confezione di abiti di bassa qualità (e, in piccola parte, nella produzione di borse, radicata nella vicina area fiorentina), formato oggi da più di quattromila aziende. Un distretto degli abiti low cost che poche sovrapposizioni ha con quello tessile ma che oggi, in un momento di congiuntura difficile, viene danneggiato proprio dalla confusione di settori, aziende, dinamiche.

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Silvia Pieraccini

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