Se l’industria della moda si barcamena tra un mercato col fiatone e la spirale dei prezzi, “vogliamo che il Pitti Uomo sia una grattachecca al limone”. Parola di Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, quasi a tradire il pensiero che, nell’immediato, una rinfrescata sia assai più facile di un rilancio sostenuto. C’è anche quello, oltre alle suggestioni “gialle” del Tour de France a Firenze (col nuovissimo salone BeCycle targato Pitti in arrivo), nel concept del Pitti numero 106, Pitti Lemon: “E’ estivo, è fresco, rinfrescante, è un bel colore – ha detto Napoleone – ed è soprattutto per dare un segnale differente rispetto a quella che è la situazione adesso. Quando si rientra d’estate, dopo essere stati al mare, uno si prende una gran bella grattachecca al limone…”.
Senza esponenti del governo sul palco, un po’ per il clima ancora da scrutinio elettorale e un po’ per l’imminente G7 in Puglia, la cerimonia d’apertura del salone va via più liscia e agile del consueto, nell’inedita cornice del Palaffari per dribblare i lavori in Fortezza da Basso, col saluto del sindaco uscente Dario Nardella fresco d’elezione a Strasburgo (“Pitti avrà il suo parlamentare europeo, pronto a difendere le ragioni della moda”, promette), il progetto dell’Academy di UniCredit che prosegue coinvolgendo 100 giovani, e l’elogio unanime per il lavoro di Antonella Mansi, fresca di riconferma per un altro triennio al vertice del Cfmi. Il successo fra il pubblico degli addetti ai lavori non pare in discussione. “In occasione delle precollezioni ho incontrato tanti buyer americani e asiatici, verranno tutti, sarà un Pitti estivo eccezionale”, ha affermato Antonio De Matteis, presidente di Pitti Immagine.
“Se cala la produzione c’è un problema di tenuta sociale”
Ma fuori dagli stand che succede? “Se prima del Covid un marchio vendeva un oggetto a 4mila euro, e ne vendeva 4, mentre oggi ne vende solo 2 a 16mila euro, vuol dire che il marchio ha fatturato il 50% in più, ma i produttori hanno fatto il 50% in meno”, calcola Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia, per spiegare così alla platea di Pitti una parte delle difficoltà che oggi sta vivendo l’industria di settore. “La spirale di crescita dei prezzi ha aperto un problema”, dice, e allora “c’è un problema di tenuta sociale, perché meno pezzi da produrre vuol dire meno forza lavoro necessaria, vuol dire una manifattura che entra in una spirale di crisi”.
Ma non solo la manifattura va reimpostata. “C’è stato un grande cambiamento – spiega Napoleone -, molti negozi hanno chiuso e stanno cambiando anche tutte le regole che hanno spinto negli ultimi anni l’e-commerce, i grandi siti sono entrati in difficoltà. Il Pitti di questa stagione è forse uno dei più importanti in assoluto degli ultimi anni, perché mette insieme tutti gli operatori, ed è attraverso degli accordi che vengono fatti dalla manifattura, dalla distribuzione che si troveranno le soluzioni, perché c’è un discorso di prezzi di materie prime e di consegne. La vicenda di Suez può sembrare marginale, ma di fatto ci vogliono 40 giorni in più per portare le merci che arrivano dai mercati esteri”.
“La filiera ce la farà”, anche in Toscana
Sul lato del mercato della moda, secondo Tamborini, “c’è bisogno di una ridefinizione, e la classe media deve trovare nuovi player con cui ragionare, nuove occasioni d’acquisto: Pitti ha una grandissima possibilità perché rappresenta una vetrina importantissima per ripresentare un mondo nuovo, un mondo fatto di brand che esistono, o forse ritornano, o che si devono affermare”. Probabilmente, ve ne sono fra i 790 brand – per il 43% esteri – in vetrina alla Fortezza. Per il presidente di Smi “dovremo passare un periodo difficile, la filiera dovrà superare qualche mese di difficoltà, ma non ho dubbi che sia talmente forte, che rappresenti così tanto l’essenza vera del saper fare, che ce la farà anche questa volta”.
Prova a essere ottimista anche il governatore toscano Eugenio Giani, anche se “il 20 giugno ho il tavolo di crisi della pelletteria e del comprensorio del cuoio e, la settimana successiva, il tavolo di crisi per il settore moda”, ricorda alla platea. “Ci sono dati di un andamento della produzione – osserva – che ci portano a mettere a fuoco le criticità che sono state indicate. Però contemporaneamente incontro autorevoli investitori del settore della moda, con prospettive molto ben indirizzate rispetto a insediamenti produttivi nella nostra Toscana, in particolar modo nell’area fiorentina, quindi c’è da un lato la consapevolezza che dobbiamo attivare ammortizzatori sociali rispetto al calo della produzione, ma dall’altro c’è una grande voglia di investire”.
“Dobbiamo continuare a stare nel solco costruito dai brand che ci sono in Italia, aiutando le Pmi a entrare in quel meccanismo di internazionalizzazione che le può fare diventare famose”, ha detto Matteo Zoppas, presidente di Ice, rivolgendosi agli imprenditori in platea: “Siamo al vostro fianco, usateci. Mi rivolgo soprattutto alle imprese che non si sono affermate ancora all’estero, usate Ice, Sace, Simest, Cdp per assicurare credito, avere finanziamenti a tasso agevolato, sono strumenti per andare all’estero meglio, più velocemente, e consentire di farlo alle tante aziende piccole che altrimenti hanno difficoltà”.
Leonardo Testai