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04 aprile 2024

Il sommerso in Toscana vale 10 miliardi (e l’economia illegale 1,2 mld)

Per il rapporto Irpet 2023 su illegalità e criminalità organizzata, il territorio regionale attrae gli investimenti delle mafie.

Leonardo Testai

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L’economia del sommerso – celata alle autorità fiscali – in Toscana vale 10,1 miliardi di euro, mentre l’economia connessa alle attività illegali genera un giro di affari pari a 1,2 miliardi: la somma di 11,3 miliardi di euro equivale all’11,7% del Pil regionale, secondo il rapporto Irpet 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia della Toscana. Il dato toscano, secondo i ricercatori dell’Irpet, è in linea con la media nazionale per ciò che concerne il sommerso, con un’incidenza superiore per le attività illegali.

Fra lavoro irregolare ed evasione fiscale

Le stime Irpet quantificano in Toscana un valore aggiunto legato al lavoro irregolare di 3,6 miliardi. In Toscana nel 2020 il numero di occupati irregolari era pari a 168mila unità, il 10,2% del totale, dunque in calo rispetto al 12,4% del 2000 ma con l’eccezione del settore dell’agricoltura, dove raggiunge il 17,6% (13,8% nel 2000). Complessivamente, l’evasione contributiva legata al lavoro irregolare è stimata per la regione nell’ordine di circa 604 milioni di euro.

L’Irpet mette nel mirino l’eccesso di contratti part-time attivati dalle imprese del territorio come indicatore di potenziale lavoro sommerso, in termini di dichiarazione solo parziale dell’orario di lavoro: il fenomeno riguarda principalmente l’area della Toscana settentrionale, e in particolare Prato, dove supera il 40% dei contratti, soprattutto per via del ricorso anomalo a questi contratti nel settore dell’abbigliamento. L’eccesso di mortalità dà conto invece della presenza di imprese per le quali è più difficoltosa l’attività di accertamento fiscale: i casi per l’Irpet si addensano prevalentemente nei settori dell’abbigliamento e della pelletteria e calzature (Prato, Empoli).

Sempre in tema di sommerso, l’istituto di ricerca stima per la Toscana un tax gap Irpef, in rapporto all’imposta potenziale, del 19%, e un’evasione di poco superiore ai 2,5 miliardi. Livelli più elevati sono riscontrabili nell’area più industriale, quella della Toscana centrale che si sviluppa lungo la direttrice dell’Arno verso la costa. Il tax gap Irap viene stimato al 18%, con un mancato gettito di circa 210 milioni di euro: la stima è più bassa nell’industria in senso stretto, più elevata nel settore delle costruzioni e dell’agricoltura, dove supera il 30%. Il tax gap Imu viene stimato al 23,2%, con un mancato gettito di 319 milioni.

Allarme per l’infiltrazione delle mafie straniere

Nel confronto nazionale, la Toscana è al 16/o posto per indicatori oggettivi di presenza di crimine organizzato, come associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, interdittive antimafia; al 13/o per indicatori spia di controllo del territorio, come attentati, sequestri, estorsione, usura e corruzione; al 9/o posto per indicatori di esercizio di attività illecite, come riciclaggio, contraffazione, contrabbando, stupefacenti, reati del ciclo dei rifiuti, sfruttamento della prostituzione. Il fenomeno delle infiltrazioni delle mafie straniere, secondo l’Irpet, suscita particolare allarme per i legami che può instaurare con le mafie locali, in particolare la mafia cinese, con elevati tassi di criminalità economico finanziaria, e la mafia albanese, specializzata nel traffico internazionale di droga.

Per il procuratore capo di Firenze, Filippo Spiezia, in Toscana “c’è una criminalità organizzata che quando decide di investire i propri proventi illeciti, evidentemente usa modalità diverse rispetto a quelle che vengono messe in campo nei territori di provenienza: questo è un territorio non connotato da presenze strutturali, ma è un territorio scelto per le sue vocazioni, per la sua capacità attrattiva”. Questo modo di procedere da parte della criminalità organizzata “deve avere anche delle implicazioni dal punto di vista del law enforcement – sostiene il magistrato – dell’autorità di contrasto, cioè di aumentare la capacità di intercettare sul territorio tutti quei segnali che sono indici della presenza e della infiltrazione del crimine organizzato nell’economia”.

Toscana terra di contraffazione, migliora il ciclo dei rifiuti

Il rapporto invita a considerare le imprese cosiddette cartiere (quelle nate con intenti di evasione, elusione o riciclaggio attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti) che incidono per il 3,6% del totale, con punte nel settore finanziario-assicurativo (6,6%), costruzioni (5,8%) e commercio (5,4%). Per il reato di contraffazione, 8 province su 10 sopravanzano il valore mediano nazionale, mentre Firenze, Prato, Grosseto e Livorno si posizionano nel gruppo delle province italiane con i valori più elevati.

In tema di segnalazioni di operazioni sospette comunicate all’Uif della Banca d’Italia, Prato compare tra le prime cinque province d’Italia, seguita da Siena, Firenze e Lucca. Il numero di reati denunciati relativi al ciclo dei rifiuti colloca la Toscana in 9/a posizione, dopo il periodo critico tra il 2016 e il 2019 (4/a posizione). Contesti di particolare criticità sono rappresentati dagli scarti tessili del distretto pratese, dal commercio degli indumenti usati e dai rifiuti dell’industria conciaria. Le procedure di lavori pubblici associate al Pnrr (il 17% del totale regionale, 1.200 su 6.700), secondo Irpet si caratterizzano per migliori performance rispetto alle restanti e, in alcuni casi, anche rispetto alle dinamiche registrate nel recente passato in Italia e in Toscana.

Autore:

Leonardo Testai

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