Con l’acquisizione di altre quattro fabbriche in Usa da 1 miliardo di dollari, conclusa in via definitiva giorni scorsi, la lucchese Sofidel – titolare del marchio di carta igienica e asciugatutto Regina – supera abbondantemente i quattro miliardi di euro di fatturato e sale nell’Olimpo dei marchi italiani del largo consumo, arrivando a tallonare per dimensioni un nome come Barilla.
In Minnesota saranno investiti altri 180 milioni di dollari
Il gruppo lucchese, al 100% di proprietà delle famiglie Lazzareschi e Stefani, continuerà a investire negli Stati Uniti: come annunciato sul Sole 24 Ore del 15 novembre, ora spenderà 180 milioni di dollari per ampliare la cartiera acquisita all’inizio del 2024 in Minnesota, aggiungendo alcune linee di trasformazione delle bobine in prodotti finiti (converting) e un magazzino automatizzato. Le macchine converting arrivano sempre da Lucca e sono prodotte da Valmet e Gambini. Sofidel sta anche investendo quasi 200 milioni di dollari nella fabbrica di Circleville, in Ohio, per installare la terza macchina per cartiera.
Il mercato Usa pesa il 50%
Nel solo biennio 2024-2025 il gruppo lucchese investirà in Usa più di 1,5 miliardi di dollari, diventando l’azienda italiana che negli ultimi anni ha investito di più negli Stati Uniti. Il mercato a stelle e strisce ormai pesa il 50% dei ricavi, che a fine 2024 si avvicinerà a 3,3 miliardi di euro con ebitda di circa il 20%. (le ultime acquisizioni saranno consolidate per soli due mesi), in attesa del grande salto nel 2025.
Il prossimo passo sarà il lancio di un marchio proprio in America
“Ora diventiamo il quinto produttore mondiale di tissue (la carta per uso igienico e domestico) – ha spiegato Lazzareschi – e il quarto produttore americano dopo Georgia Pacific, Kimberly Clark e Procter&Gamble, e questo significa essere guardati con occhi diversi da questi gruppi, oltre che dal mondo finanziario e dalle ong”. Il prossimo passo sarà pensare al lancio di un marchio proprio in Usa, visto che per adesso Sofidel produce i marchi della grande distribuzione (private label).
In Italia mancano ingegneri e esperti di sostenibilità
Il gruppo lucchese resta familiare: “Per il momento non pensiamo ad aprire il capitale – ha sottolineato l’ad – abbiamo ancora molto da fare. Il limite alla crescita è dato dalla mancanza di talenti, non di risorse finanziarie: trovare un ingegnere informatico, un esperto di cybersecurity o di sostenibilità in Italia è davvero difficile”.
Silvia Pieraccini